Mario Gramaglia
La figura proposta da Mario Gramaglia contiene un messaggio affascinante, quanto enigmatico, che lega indelebilmente ogni sua opera, dagli esordi della carriera, fino alla più compiuta maturità: questa è infatti uno splendido profilo femminile senza occhi, anzi, occhi aperti ma senza pupilla, spenti, e se un bagliore di realtà contengono, irrimediabilmente sono occhi chiusi, magari lacrimanti.
L’artista è tecnicamente perfetto, contenuto, senza sbavature, figlio di una solida cultura pittorica europea, in grado di gestire forme, colori, atmosfere, senso del mistero; ma ancora più affascinanti dei suoi pennelli, sono i meta-linguaggi nascosti dietro ogni suo dipinto.
Tanti anni fa, inquadrando le sue opere sulla base di profonde inquietudini e di crudeltà pittorica, scrisse di lui il critico Gilberto Cavicchioli: “Ma a meglio penetrarli, questi quadri rivelano un fondo consistente sostenuto da una razionalità fredda e determinata, da una cieca volontà di colpire e squarciare un mondo non condiviso .. il deserto dello squallido conformismo, la ammorbante palude delle strutture piramidali, sociali ed organizzative, dove il criterio dominante di selezione è determinato da fattori pluto-quantitativi più che qualitativi”.
I dipinti di Mario Gramaglia conterrebbero perciò un’arte stilisticamente perfetta, ma attraversata da una rabbia accumulata che urla dentro la tela, una rabbia carsica portatrice di crisi sociale, malvagità e contraddizioni dietro un’apparente armonia di superficie.